Diaconato permanente, si cambia Le parrocchie sceglieranno i candidati
Nella corrente domenica la presentazione delle proposizioni sul diaconato che segnano un cambio di passo per la Chiesa vicentina.
La Diocesi di Vicenza continua ad investire sul diaconato permanente e lo fa con una “piccola rivoluzione’ che viene ufficializzata domenica 14 novembre. Se infatti finora la “vocazione” al diaconato permanente riguardava i singoli che sentivano maturare nella loro vita questa chiamata o i preti che individuavano persone adatte a svolgere questo ministero, da domenica toccherà alle comunità cristiane indicare gli uomini più adatti a diventare diaconi. È uno dei passaggi fondamentali contenuti nelle 7 proposizioni sul diaconato permanente che verranno consegnate pubblicamente alla Diocesi, e che «aprono un cammino verso una Chiesa sempre più ministeriale » evidenzia don Giovanni Sandonà, parroco dell’UP di Sandrigo e delegato per il diaconato permanente dal 2016. La prima proposizione infatti, mette in chiaro che “Nell’ambito della ministerialità di tutto il popolo di Dio e di una prassi segnata dalle Unità Pastorali, la Chiesa Vicentina promuove e valorizza, nel ministero ordinato, il Diaconato Permanente”. «Non si tratta quindi di un ministero che ne fagocita altri – puntualizza Sandonà – ma di un cammino che promuove la ministerialità della Chiesa tutta». E all’interno di questo cammino, il passaggio fondamentale è quello contenuto nella seconda proposizione: “La Chiesa Vicentina ritiene che siano le comunità parrocchiali, opportunamente preparate in un percorso adeguato, a riconoscere la vocazione e a proporre – con modalità che garantiscono serietà e discrezione – il ministero del Diaconato Permanente”. «Il soggetto per un discernimento che finora verteva sui singoli, candidati o parroci, è la comunità cristiana, e così dovrebbe essere per tutte le vocazioni» evidenzia Sandonà, che aggiunge: «La dimensione laicale che il diacono porta nell’Ordine sacro andrà a modificarne la fisionomia e contribuirà a far maturare una diversa consapevolezza di Chiesa». Un aspetto, questo, contenuto in un altro passaggio della seconda proposizione: “Al Vescovo vengano presentati uomini celibi o coniugati (con l’indispensabile coinvolgimento della moglie), che godano di stima per maturità umana e cristiana e che rimangano nel loro impegno familiare e professionale”. La proposizione numero 3 stabilisce invece l’età minima per intraprendere il percorso verso il diaconato: ‘L’accettazione tra gli aspiranti al Diaconato Permanente prevede, come età minima, 21 anni per i celibi e 31 anni per i coniugati; come età massima, sia per i celibi che per gli sposati, 60 anni’. Una scelta che, tra l’altro, riflette la «continua diminuzione dell’età media dei candidati al diaconato»., conferma lo stesso Sandonà.
Da uno stato di vita laicale non può che derivare un percorso formativo (teologico, spirituale e pastorale) che tenga conto dei tempi famigliari e di lavoro di una persona adulta. Su questo, la sesta proposizione è esplicita: “Il cammino formativo tenga presente le dinamiche professionali e famigliari nelle quali non vi siano elementi contrappositivi ma adeguata armonizzazione con il
ministero diaconale”. «Sulla formazione abbiamo lavorato molto a livello Triveneto, non solo diocesano, realizzando un percorso formativo ad hoc di 5 anni per un totale di 1.000 ore di corsi, da svolgersi in 10 fine settimana all’anno – spiega don Giovanni -. Si tratta di un percorso sostenibile, fondamentale per un laico ». Ma prima della scuola triveneta (o dei corsi degli istituti di scienze religiose, per chi ha la possibilità di frequentarli), devono trascorrere sei mesi di periodo propedeutico riservato e due anni di aspirantato che si concludono con il rito di ammissione tra i candidati al presbiterato. «Attualmente 8 persone stanno per iniziare il percorso mentre 24 sono in formazione» spiega Sandonà.
Le proposizioni che saranno rese pubbliche domenica sono state approvate, in realtà, ancora nel 2019, al termine di un percorso iniziato nel 2018 in consiglio presbiterale, con l’ascolto delle esperienze che provenivano dalle Diocesi di Torino e di Reggio Emilia, e conclusosi con la presentazione al consiglio pastorale diocesano. «Queste proposizioni – è la riflessione di don Giovanni Sandonà – rappresentano una Chiesa locale che si è fermata, ha espresso un discernimento sul diaconato permanente e si è data del tempo per esprimere un cammino che si apre. Tutto questo nella consapevolezza di una Chiesa sempre più ministeriale in cui il diaconato porterà la dimensione della coppia e del lavoro nel ministero ordinato, tenendolo sulla soglia tra la Chiesa e il mondo».