Come ripensare la comune uguaglianza battesimale di donne e uomini
Come ripensare la comune uguaglianza battesimale di donne e uomini alla luce della differenza sessuale? Se lo è chiesto Luca Castiglioni, presbitero della diocesi di Milano, insegnante di Teologia fondamentale presso la Facoltà teologica milanese e socio del Coordinamento Teologhe Italiane, che ha affrontato in un libro i tanti equivoci storici, le tensioni attuali e le sfide che possono dare ricchi frutti a chi li voglia cogliere. Sul blog dell’editrice Queriniana è stata riportata una sua proposta di otto suggerimenti per rendere le relazioni dei presbiteri con le donne più coerenti con la pari dignità di ogni battezzata e battezzato, per un avanzamento verso la sinodalità. Tutto ciò va radicato nel riconoscimento delle figure femminili del Vangelo, da concretizzare in un processo che porti ad atti ecclesiali significativi a cui gli uomini, in tutto o in parte, rinuncino.02
1) Occorre innanzitutto riconoscere che c’è ancora un problema relativo al modo in cui le donne vengono considerate nella chiesa, mettendo finalmente da parte la credenza che non ce ne sia alcuno.
2) Gli uomini non devono parlare al posto delle donne o parlare delle donne senza aver dialogato con loro; ciò implica di smetterla con ogni esaltazione della figura femminile idealizzata, tanto più sospetta quanto più lusinghiera.
3) Serve porre una reale fiducia nell’ascolto di tutte le voci femminili, scegliendo la via del dibattito aperto e libero anche su temi difficili, non circondandosi da yes women, considerando che la parola delle donne non è intelligente a priori, ma è da conoscere per capire la loro visione della fede e della Chiesa in una sofferta storia di emarginazione.
4) Certe intemperanze di linguaggio, diffidenze e dosi di risentimento vanno comprese e scusate, in quanto possono essere giustificate visto che le istituzioni ecclesiastiche restano largamente androcentriche e il maschilismo è presente in diversi discorsi dei preti: non è strano che chi viene maltrattato si lamenti.
5) Per non rischiare di perpetrare la logica della dominazione maschile, occorre avere l’umiltà di introdurre strumenti per una disciplina di genere, ad esempio la scelta della copresidenza maschile e femminile delle équipe pastorali.
6) Bisogna muoversi verso le donne uscendo dalla presunta autosufficienza e chiedendo loro di collaborare in modo non paternalistico, esprimendo sinceramente la presa di coscienza maschile dell’esistenza di una discriminazione storica.
7) Per raggiungere le donne più distanti serve il coraggio di fare scelte simboliche che mostrino che qualcosa nella Chiesa si sta muovendo, magari partendo da una domanda universale di perdono per tutti i peccati di sottomissione ed esclusione, che si accompagni a richieste concrete di collaborazione nei luoghi ecclesiali.
8) In relazione al difficile tema della proibizione dell’ordinazione presbiterale femminile, bisognerebbe rendere più manifesta la kénosis della maschilità che Cristo ha realizzato tenendo conto che Egli ha riscattato l’umanità per interno, con un passo in avanti da parte delle donne e uno indietro da parte degli uomini.